venerdì 3 ottobre 2025

Stephen King - L'ultimo cavaliere



L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.
Il deserto era l'apoteosi di tutti i deserti, sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per enne parsec in tutte le direzioni. Bianco; accecante; arido; amorfo salvo che per l'abbozzo labile e nebuloso delle montagne all'orizzonte e l'erba canina ispiratrice di dolci sogni, incubi, morte. A indicare la via appariva di tanto in tanto una lapide, perché un tempo la pista semicancellata scavata nella spessa crosta alcalina era stata una strada di corriere. Da allora il mondo era andato avanti. Il mondo si era svuotato.
Il cavaliere camminava con flemma, senza fretta, senza indugio. Gli pendeva alla vita un otre di pelle simile a una mortadella. Era quasi pieno. Dopo molti anni di applicazione, il pistolero aveva raggiunto il quinto livello del khef. Al settimo o ottavo livello non avrebbe patito la sete; avrebbe potuto osservare con clinico distacco il progressivo disidratarsi del proprio corpo, irrorandone i cunicoli e le oscure cavità interiori solo quando la logica gli avesse detto che era indispensabile. Ma non era al settimo o all'ottavo livello. Era al quinto. Perciò aveva sete, sebbene non provasse il bisogno impellente di bere. Ne provava un vago piacere. Era romantico.
Sotto l'otre c'erano le sue pistole, il cui peso era stato calibrato con precisione sulla sua mano. I due cinturoni gli si incrociavano al di sopra dell'inguine. Le fondine erano troppo ben lubrificate perché quel sole, per quanto filisteo, potesse screpolarle. Il calcio delle pistole era di sandalo, giallo e di grana squisita. Le fondine gli dondolavano pesanti sui fianchi, trattenute da lacci di cuoio. I bossoli di ottone delle cartucce infilate nei passanti dei cinturoni ammiccavano e balenavano nel sole diffondendo eliografie. Il cuoio scricchiolava sommessamente. Le pistole dal canto loro non facevano rumore. Avevano spillato sangue. Non avevano bisogno di farsi sentire nella sterilità del deserto.
I suoi indumenti avevano il non-colore della pioggia o della polvere. Teneva la camicia aperta sulla gola, con un laccio di cuoio allentato negli occhielli punzonati a mano. I suoi calzoni erano di tela grezza, tesi lungo le cuciture.
Salì il dolce pendio di una duna (ma non c'era sabbia in quel deserto di crostone e persino gli aspri venti che soffiavano al calar delle tenebre riuscivano solo a sollevare un fastidioso pulviscolo pungente simile a...

Nessun commento:

Posta un commento