venerdì 5 dicembre 2025

Carmen Rita Gullotto - Athanàsios & Maximilian




Come tutto ebbe inizio

Dicembre 1992
In Inghilterra, a Oxford, capoluogo della contea dell’Oxfordshire, ebbe inizio la mia avventura.
Non sono un ottimo scrittore e spero che possiate perdonarmi. Ho sentito la necessità di mettere tutto nero su bianco per essere sicuro che la mia storia potesse giungere a voi e non essere dimenticata.

Raggiunsi Oxford nel settembre del 1992. Mi ero trasferito colà per frequentare l’università. Avevo diciannove anni e come ogni studente avrei dovuto alloggiare al campus. Il mio carattere ribelle e la mia giovane età, però, mi garantirono un biglietto di sola andata. Due mesi e venni espulso.
Quando partii da Larissa, ricevetti dai miei genitori una modica somma di denaro. Questa mi permise nell’immediato di cercare casa e di non dover abbandonare in tutta fretta l’Inghilterra nel momento in cui venni espulso dal college. Ero sicuro di poter trovare lavoro in breve tempo. A mamma e papà avrei detto che stavo ancora studiando, per non arrecar dispiaceri. Mi sarei comunque realizzato e chissà… al momento giusto avrei anche confessato tutto.
A Burford, un piccolo paesino distante ventinove chilometri da Oxford, un uomo anziano fu felice di affittarmi un monolocale. Centosettantacinque sterline al mese. Non erano poche, ma non trovai nulla di più economico. Inoltre, il monolocale era in buono stato e richiedeva solo qualche piccolo lavoretto di manutenzione. Nel giro di una settimana fui assunto come lavapiatti in un modesto locale in centro. Per il momento avrei potuto accontentarmi, pian piano sarei sicuramente riuscito a trovare qualcosa di meglio.

A causa del mio carattere introverso, per via dei turni al locale e dei lavoretti di ristrutturazione in casa, che assorbivano totalmente le mie giornate, non coltivai amicizie. Venni presto etichettato come un eccentrico lupo solitario. Lo straniero da cui tutti i vicini si tengono alla larga. In verità questa situazione non mi dispiaceva affatto. Stavo bene in Inghilterra e finalmente avevo la mia indipendenza.

Attimi che ti svelano ciò che non avevi il coraggio di ammettere


A volte vivi mesi interi evitando una verità piccola ma tagliente.
E poi arriva un attimo, uno soltanto, in cui non puoi più scappare: la senti arrivare da dentro, come una voce che non puoi ignorare.
Non urla, non fa male come pensavi.
È solo vera.
E la verità, quando finalmente la lasci entrare, porta una pace strana: non leggera, ma stabile.
È l’inizio di qualcosa che non ha nome ma ha direzione.

AFORISMA

“La verità non ti cade addosso: ti raggiunge quando smetti di correre.”

giovedì 4 dicembre 2025

Mindfulness per affrontare i momenti in cui senti di non avere controllo


 Ci sono istanti in cui la vita sembra premere sull’acceleratore senza avvisare, e l’equilibrio che pensavamo stabile si crepa nel giro di pochi minuti. Il cuore accelera, la mente costruisce scenari estremi e il corpo reagisce come se dovesse difendersi da qualcosa che non sa nominare. In quei momenti, la sensazione di non avere controllo non è un fallimento personale: è una reazione umana. Ma proprio nelle crepe dell’incertezza può entrare la consapevolezza, e la mindfulness nasce qui, dove la tensione incontra la possibilità di tornare presenti.

La perdita di controllo è spesso alimentata da una mente che corre più veloce dell’esperienza reale. Succede quando viviamo il futuro come se fosse già accaduto, o quando il passato continua a bussare pretendendo risposte. La mindfulness, invece, fa una proposta semplice e rivoluzionaria: riportare l’attenzione a ciò che c’è, non a ciò che la mente immagina. Il respiro diventa la porta d’ingresso, un gesto che facciamo da sempre ma che raramente ascoltiamo davvero.
Respirare consapevolmente non è una tecnica astratta, è un’ancora. Quando inspiri contando fino a quattro ed espiri contando fino a sei, stai dicendo al sistema nervoso che non c’è alcuna minaccia immediata. La fisiologia risponde: il battito si regola, i pensieri rallentano, l’urgenza emotiva cala. Non si tratta di respingere la paura, ma di concederle uno spazio più ampio, dove smette di essere un tiranno e diventa un segnale da osservare.

Osservare è il verbo chiave. La mindfulness non cerca di controllare la mente, ma di accompagnarla. Quando arriva un pensiero catastrofico, invece di combatterlo, lo si può guardare da fuori: “Questa è una paura, non un fatto”. Il semplice riconoscimento riduce l’intensità emotiva perché spezza l’identificazione totale con il contenuto mentale. Il pensiero esiste, ma non sei quel pensiero.
Il corpo diventa un alleato prezioso. Nei momenti di confusione, riportare l’attenzione alle sensazioni fisiche crea un ancoraggio immediato: il peso dei piedi sul pavimento, la temperatura dell’aria sulla pelle, la pressione della sedia sulla schiena. Le sensazioni non mentono e non proiettano scenari: appartengono al presente. Ogni volta che ti connetti al corpo, stai tornando a te stessa.

Un esercizio utile nei momenti di forte destabilizzazione è il grounding sensoriale. Guardare cinque oggetti, toccarne quattro, ascoltarne tre, annusarne due, gustarne uno. È un percorso semplice ma potentissimo: la mente è costretta a seguirti nel qui e ora, senza vagare dove il timore la trascina. In pochi respiri, il senso di smarrimento inizia a sciogliersi.
La mindfulness non elimina gli imprevisti né impedisce alle emozioni di travolgere. Non promette un controllo totale, promessa fragile e irrealistica, ma una forma diversa di forza: la capacità di rimanere presenti anche quando tutto appare incerto. Accettare di non poter governare ogni cosa non significa arrendersi, significa liberare energie che la lotta costante consuma.

Uno dei punti più trasformativi è comprendere che la stabilità non nasce dall’assenza di cambiamenti, ma dalla capacità di tornarci ogni volta che ne veniamo allontanati. L’equilibrio non è una condizione permanente, è un movimento continuo: ci perdiamo e ci ritroviamo, cadremo e ci rialzeremo. La mindfulness non giudica questi cicli, li riconosce come parte dell’esperienza umana.
Praticarla nei giorni facili prepara il terreno per i giorni difficili. Bastano cinque minuti: una mano sul petto, una sull’addome, respiro lento, attenzione gentile. Ogni volta che lo fai stai rinforzando un messaggio interno: “Posso tornare a me stessa. Anche quando tutto sembra sfuggire”.
La sensazione di non avere controllo continuerà a presentarsi, perché è parte della vita. Ma non sarà più un abisso. Diventerà un segnale che conosci, un territorio che hai già attraversato, un luogo da cui sai come tornare.

E, passo dopo passo, scoprirai che il vero controllo non è dominare ciò che accade fuori, ma restare radicata dentro ciò che accade dentro di te.

lunedì 1 dicembre 2025

Rana Dan e il segreto del bosco, di Francesco Baldo


 Trama:

Il fiume è inquinato e gli animali sono in pericolo. Rana Dan comprende l’importanza del pericolo e lascia la sua panetteria per trovare il colpevole e la soluzione al problema.
Gli animali bevendo nel fiume si ammalano e stanno sempre peggio, ma Rana Dan, con l’aiuto dei suoi amici indaga a fondo finchè non scopre chi ha sbagliato, trovando la soluzione e salvando la foresta.

Perché adorare il romanzo:

Il fascino di questo romanzo si percepisce già dalla trama: una rana panettiere che abbandona la sua vita tranquilla per proteggere il fiume e gli animali della foresta ha qualcosa di immediato, tenero e sorprendente. La storia unisce la delicatezza delle fiabe al ritmo di un piccolo mistero: il fiume è inquinato, gli animali si ammalano e qualcuno ha causato tutto questo. Rana Dan non si tira indietro, raduna gli amici, osserva, indaga, e trasforma un problema gigantesco in un percorso di collaborazione e coraggio. Il cuore del romanzo non sta solo nella scoperta del colpevole, ma nell’idea che le comunità, quando si uniscono, possono rimettere a posto ciò che sembra perduto. È un racconto che usa un tema attuale come l’inquinamento senza appesantirlo, rendendolo comprensibile, gentile e adatto anche ai lettori più sensibili.

C’è un’energia positiva che attraversa ogni passaggio: gli animali non restano vittime, la foresta non diventa un luogo cupo, e l’avventura non si limita a mostrare un problema ma punta dritta verso la possibilità di ripararlo. Il lettore ne ricava una sensazione di sollievo, come se le pagine ricordassero che, anche quando qualcosa sembra rovinato, esiste sempre una strada per sistemarlo. È questo equilibrio tra tenerezza, responsabilità e speranza che rende il romanzo memorabile. Una storia semplice, pulita, adatta a chi cerca letture che confortano senza essere banali e che lasciano addosso l’impressione di aver trascorso un po’ di tempo in un mondo che vale la pena difendere.






Perché colorare è la valvola di sfogo perfetta per scrittori, lettori e amanti della musica


Colorare sembra un gesto semplice, quasi banale, ma per chi vive tra parole, storie e suoni diventa una forma di cura. Scrittori, lettori e amanti della musica hanno una mente che assorbe tutto, che corre, che immagina, che si emoziona con intensità. Questo li rende creativi, profondi e sensibili, ma allo stesso tempo più esposti allo stress mentale ed emotivo. Il colore entra nella loro vita come una tregua, un modo per riportare ordine, respiro e presenza quando la testa gira troppo veloce.
Per uno scrittore, colorare è una pausa necessaria. La pagina può essere un campo di battaglia, e a volte le idee non vogliono uscire, le parole non si incastrano, i personaggi diventano pesanti da portare. Sedersi e riempire una forma, una linea, un dettaglio, cambia completamente il ritmo interiore. Il cervello smette di spingere, la pressione cala, la creatività si rimette in movimento senza sforzi. Molti autori scoprono che i problemi narrativi che sembravano irrisolvibili trovano una strada proprio dopo quei minuti di calma colorata. Non c’è ambizione, non c’è aspettativa, non c’è giudizio: solo il piacere di fare un gesto lento. È un respiro mentale che alleggerisce tutto.

Per i lettori, il colore funziona come un ponte emotivo. Un libro non è mai solo un libro: è un viaggio, un coinvolgimento, un mondo che può lasciare addosso energia, malinconia, entusiasmo o perfino smarrimento. Alcune storie restano dentro come onde che non si calmano subito. Colorare permette di trasformare quel carico in quiete. Le emozioni trovano spazio per sedimentare, la mente esce dalla trama, il cuore rallenta. È il momento perfetto per lasciare andare ciò che il romanzo ha smosso, senza perdere la bellezza di ciò che si è appena letto. Un gesto semplice che ristabilisce equilibrio.

Gli amanti della musica vivono un rapporto profondo con le vibrazioni. Un brano può cambiare l’umore, scatenare ricordi, accendere la pelle. Colorare mentre si ascolta musica crea un’esperienza completa, quasi sinestetica. La mano segue il ritmo, gli occhi si abbandonano alle forme, il respiro si sincronizza con il suono. La tensione scioglie i nodi, la mente si svuota, il corpo si rilassa. È un modo per vivere la musica con un canale in più, come se le note trovassero un modo di diventare visibili. Chi ama la musica riconosce subito questa sensazione di armonia che nasce spontanea.
Il motivo per cui colorare funziona così tanto per queste tre categorie è semplice: scrittori, lettori e music lovers sono persone abituate a vivere “sopra la soglia”, sempre immersi in pensieri, storie, melodie, immagini interiori. Hanno una vita mentale ricchissima, ma questa ricchezza può diventare un peso quando si accumula troppo. Colorare li riporta al presente senza spegnere la creatività, anzi la ricarica. È un’attività che non pretende nulla, che non chiede performance, che non misura il talento. È puro benessere, puro respiro.

L’effetto antistress è reale e immediato
Il cervello produce meno cortisolo, i muscoli si rilassano, la mente rallenta il ritmo e la sensazione di sovraccarico diminuisce. Non serve bravura, non servono strumenti particolari: basta una matita o anche un pennarello digitale per sentire che tutto si allenta. Colorare è una forma di presenza fisica che si integra perfettamente con l’immaginazione, una piccola pausa che fa tornare le energie e rimette in ordine i pensieri.
Per chi vive di parole, di pagine o di musica, il colore diventa un modo silenzioso per ritrovare sé stesso. Una parentesi gentile, quotidiana, che aiuta a non farsi travolgere da ciò che si ama. Perché la creatività si nutre di ispirazione, ma anche di calma. E colorare è una delle forme più semplici, intime ed efficaci per ritrovare quella calma senza spegnere la magia. Una matita può diventare uno strumento di equilibrio più potente di quanto sembri.


domenica 30 novembre 2025

Lucia Ballerini: In quel niente che credi




In quel niente che credi

di essere, fammi posto

potremmo diventare

chiese sconsacrate

isole sognanti terreferme.

Inventarci

sinonimi della gioia,

un tango sgangherato.

Defilarci dalla porta

di servizio, sentire

cicatrici nella carne.

Nello sbadiglio lunare

si sbriciola il dolore,

tieni il tempo, che ancora

ti vorrei salvare.